Cosa sono le intolleranze alimentari e come riconoscerle

Stai cercando delle informazioni approfondite sulle intolleranze alimentari? La prima cosa da chiarire è la differenza tra intolleranze e allergie. Una persona si definisce intollerante quando risulta incapace di digerire e metabolizzare un alimento. Al contrario, si definisce allergica quando il suo sistema immunitario si attiva e produce anticorpi in caso di assunzione di un determinato alimento.

Per capirne di più, continua la lettura della nostra guida su cosa sono le intolleranze alimentari.

Intolleranze alimentari: gli alimenti incriminati

Le intolleranze alimentari si manifestano in maniera meno severa rispetto alle allergie. La persona che ne soffre è come intossicata. Questo significa che la manifestazione dell’intolleranza diventa più fastidiosa e più forte a seconda del quantitativo di cibo ingerito e dalla frequenza con cui viene ingerito.

A scatenare le intolleranze, tra l’altro, non sono alimenti particolari utilizzati di rado in cucina. Tra le sostanze a cui le persone risultano più intolleranti ci sono:

  • istamina (vino, pomodori, spinaci, formaggi stagionati)
  • tiramina (formaggi stagionati, lievito di birra, pesce affumicato, birra, vino)
  • caffeina
  • solanina (patate, melanzane e pomodori)
  • teobromina (tè e cioccolato)

I quattro tipi di intolleranza alimentare

Esistono quattro tipi di intolleranze alimentari: enzimatica, farmacologica, alimentare secondaria e senza causa medica. Quella enzimatica, per esempio, è dovuta a un difetto congenito dell’enzima responsabile della trasformazione di nutrienti come i carboidrati e le proteine. Il tipo più frequente di intolleranza enzimatica è quella al lattosio, lo zucchero presente nel latte di mucca, di pecora e di asina e persino nel latte materno.

L’intolleranza farmacologica, invece, è scatenata dai componenti farmacologicamente attivi presenti negli alimenti. Quali sono questi componenti? Coloranti, esaltatori di sapore, conservanti, aromi naturali, aromi artificiali e così via.

Si parla, invece, di intolleranza alimentare secondaria quando è la conseguenza di un’altra malattia come le gastriti, i calcoli della colecisti e il reflusso gastroesofageo.

Esistono, infine, anche le intolleranze alimentari causate da motivi psicologici e psicosomatici. Quest’ultima forma è frutto di una sorta di autosuggestione, che si scatena quando vengono assunti alimenti verso i quali si nutre una repulsione (food adversion).

Intolleranza agli alimenti come si manifesta

È importante conoscere i sintomi dell’intolleranza per potersi così rivolgere al medico. Qui di seguito, sono elencati i sintomi più frequenti e comuni:

  • bruciori di stomaco
  • coliche
  • cattiva digestione
  • crampi addominali
  • diarrea
  • gonfiore addominale
  • mal di stomaco
  • meteorismo
  • stomaco gonfio

A questi sintomi si possono aggiungere anche un senso di stanchezza ingiustificato e persistente e una certa oscillazione del peso corporeo.

I test sconsigliati per individuare le intolleranze

Il primo vero e proprio test lo esegue il paziente stesso con il racconto dei disturbi di cui soffre. Il medico raccoglie tutti i dati ottenuti dalla persona e cerca di fare luce sulla patologia. Siccome alcuni dei sintomi sono molto simili a quelle delle allergie è consigliabile fare dei test, che possono consistere anche nell’eliminazione dell’alimento a cui il paziente attribuisce effetti come il gonfiore addominale o la cattiva digestione. 

A questo punto bisogna fare un’importante distinzione. Siccome il tema delle allergie alimentari è molto in voga, si rischia di farsi consigliare dei test diagnostici da persone che non sono dei professionisti con la dovuta preparazione.

Ci sono, infatti, tutta una serie di test che non hanno valenza scientifica, pur essendo molto diffusi. Qui sotto, l’elenco degli esami su cui è meglio non fare affidamento per una diagnosi corretta:

  • dosaggio IGg4
  • test citotossico
  • Alca test
  • elettroagopuntura di Voll
  • test kinesiologico
  • dria test
  • analisi del capello
  • iridologia
  • biorisonanza
  • pulse test
  • riflesso cardiaco auricolare

Il breath test per l’intolleranza al lattosio

Tra i test più affidabili, invece, c’è sicuramente il breath test (test del respiro) per la diagnosi dell’intolleranza al lattosio. Si tratta di un test molto semplice che prevede l’assunzione di un certo quantitativo di zucchero/lattosio per un lasso di tempo stabilito dal medico. Dopodiché il paziente si sottopone all’esame, che consiste in una semplice espirazione.

Per capire se la persona soffre di intolleranza si analizzano i gas espirati alla ricerca di un picco di idrogeno. Quest’ultimo, infatti, è la spia di una fermentazione intestinale dello zucchero non assorbito da parte della flora batterica del colon. A seconda dell’ampiezza del picco, si ottiene una diagnosi di intolleranza lieve, moderata o grave al lattosio.

Il breath test è utile anche per verificare l’intolleranza nei confronti di altri tipi di zuccheri come il lattulosio, lo xilosio, il fruttosio e il sorbitolo.

Prima di sottoporsi al test del respiro, però, bisogna attenersi a una serie di indicazioni:

  • evitare latte e latticini nelle 24 ore precedenti
  • sospendere l’assunzione di antibiotici
  • rimanere a digiuno completo dalle 21:00 della sera precedente al test

Il test dura 3/4 ore durante le quali è assolutamente vietato mangiare e fumare. È consentita solo l’assunzione di una piccola quantità di acqua naturale non gassata.

Celachia e gluten sensitivity

Comunemente, la celachia viene definita come una intolleranza al glutine. In verità, si tratta di una vera e propria allergia che interessa il sistema immunitario.

Quando il celiaco assume alimenti contenenti glutine, si scatena una reazione contro l’intestino che può portare a dei danni della mucosa intestinale.

La gluten sensitivity, invece, è una vera e propria intolleranza al glutine. Le persone che ne sono affette hanno i classici disturbi di un intollerante, vale a dire dolori addominali, colon irritabile, affaticamento e cefalea. Non sono soggetti, però, a reazioni immunitarie con danni alla mucosa intestinale.

Intolleranza al nichel

L’intolleranza al nichel è forse meno conosciuta rispetto alle altre. Per poterla individuare si esegue un patch test. Si pone cioè a diretto contatto della pelle del soggetto un preparato che contiene nichel. Se il test risulta positivo, bisogna escludere quegli alimenti che contengono nichel dalla dieta alimentare.

L’elenco, però, di questi alimenti è piuttosto lungo:

  • caffè, cioccolato e cacao
  • carote
  • ceci, piselli e fagioli
  • frutta essiccata
  • mirtilli e lamponi
  • molluschi e aragoste
  • patate
  • zucche e zucchine
  • salmone, sgombro, sogliola e merluzzo
  • soia e tofu
  • marmellate industriali
  • farine integrali e crusca
  • prodotti multicereali
  • dadi da brodo

La terapia per le intolleranze alimentari

Non esiste una cura farmacologica per questo tipo di disturbo. La terapia principale prevede l’esclusione dalla dieta quotidiana dell’alimento causa dell’intolleranza.

Si tratta, però, di una misura da non prendere senza il consiglio di un medico nutrizionista. L’alimento mancante, infatti, deve essere sostituito da altri alimenti in grado di garantire il giusto apporto nutrizionale.

L’eliminazione, tra l’altro, non deve essere vita natural durante. Sarà il nutrizionista a stabilire quando, come e in quali quantità reintrodurre il cibo incriminato.

Una delle conseguenze delle intolleranze alimentari è l’induzione di comportamenti scorretti e nevrotici. Spesso, le persone si sottopongono a diete eccessivamente severe e selettive che hanno tutta una serie di controindicazioni. In alcuni casi i pazienti più fragili assumono comportamenti tali nei confronti del cibo da sviluppare tutta un’altra serie di patologie.

Formazione medica necessaria per curare le intolleranze

Il medico di base è il primo professionista a cui fare riferimento. Dopodiché, si può prendere appuntamento da un nutrizionista, da un dietista, da un allergolo o da un gastroenterologo.

Sono queste le uniche figure in grado di aiutare una persona che soffre di questi disturbi. Se sei dall’altra parte della barricata e vuoi prenderti cura di soggetti intolleranti, puoi seguire dei percorsi post laurea. Unicusano propone un master di I livello in Nutrizione Clinica della durata di 1500 ore che potrà fornirti tutti gli strumenti conoscitivi per affrontare questi disturbi. Nel piano di studi, infatti, sono previsti moduli di nutrigenetica, alimentazione preventiva e terapeutica, bioterapia nutrizionale e così via.


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